40 anni di Ospedale

Rovigo: 23 giugno 2023. Un anniversario, un’iscrizione su lapide e un invito.

Quarant’anni di Ospedale: la struttura di Viale Tre Martiri accolse, grazie all’impegno dell’intera città, i pazienti, i professionisti, le apparecchiature dall’ospedale vecchio di Via Badaloni.

<La storia di un ospedale perno di una città, di un ampio bacino territoriale passa attraverso la pienezza di un messaggio consegnato ai cittadini, oggi come 40 anni or sono.

Tra gli ultimi mesi del 1982 e i primi mesi del 1983, l’Ospedale Santa Maria della Misericordia veniva trasferito nella attuale sede di Viale Tre Martiri grazie alla collaborazione di operatori, associazioni di volontariato e semplici cittadini. Si avviava così un percorso che ha attraversato gli anni, con la progettazione di nuovi servizi e reparti, l’adozione di nuove tecnologie e l’arrivo di professionisti con particolari specializzazioni. Questa crescita, che ancora non si è mai arrestata ma prosegue, ha portato al riconoscimento del Santa Maria della Misericordia come Ospedale Hub e il conseguente miglioramento di assistenza e cura, lo sviluppo di nuovi servizi e nuove aree di cura e degenza.

Per celebrare questo anniversario è stata svelata, venerdì 23 giugno 2023, nella hall dell’Ospedale una lapide, copia perfetta dell’originale, murata sul portale della sede dell’antico ospedale via Badaloni, nel cuore della città di Rovigo. La duplicazione esatta è stata possibile grazie al sostegno della Fondazione Banca del Monte.

Le parole della lapide simbolicamente richiamano il significato e il valore delle cure ospedaliere nelle loro più preziose declinazioni: l’accoglienza del malato, la comunità che garantisce il servizio (pia caritas) e, soprattutto, il progetto di cura (excipit et curat), nella sua più completa accezione di terapia e di presa in carico da parte dei medici e di tutto il personale sanitario.

La lapide e la sua traduzione sono testimoni della memoria dei luoghi, dei tempi, delle donne e degli uomini della Sanità Polesana; questo documento prezioso racconta nascita e sviluppo dell’ospedale di Rovigo. In questo giorno ricordiamo il percorso d’impegno, di senso civile e umanitario profuso da istituzioni e professionisti per l’attivazione dell’ospedale>.

[Patrizia Simionato, Direttore Generale dell’Azienda Ulss 5  in occasione dei quarant’anni dell’Ospedale di Rovigo]

L’idea

<La ricorrenza della Giornata del Malato offre l’opportunità di richiamare alla memoria ed alla riflessione, una data importante per i malati, gli operatori sanitari, gli amministratori, ed i cittadini di Rovigo e del Polesine.

Sono 40 anni da quando si iniziò, ad ottobre 1982, il trasferimento dal vecchio ospedale di Rovigo, da via Badaloni al nuovo di viale tre Martiri. Quel passaggio è stato un grande avvenimento, un cambio d’epoca per i malati e per noi operatori. Basta citare un semplice dato:  avevamo nel reparto di Medicina stanze di 12 posti letto con al centro un tavolino  e 4 sedie, senza nessun armadietto, ed un bagno ogni 25 letti; il reparto donne, al secondo piano, non aveva acqua calda nei bagni e le infermiere e le ausiliarie dovevano  con i secchi, scendere al primo piano a prenderla. Oltre al confort alberghiero mancavano molti reparti specialistici e nel reparto di medicina si curavano gli infarti acuti insieme alle leucemie, gli ictus, i tumori, i comi diabetici, le malattie renali …

Il trasloco è stato un impegno che ha coinvolto, accanto alla ditta deputata, anche gli operatori sanitari e gli altri dipendenti per organizzare le sale di degenza, gli ambulatori e tutti i servizi della nuova struttura.

Il nuovo ospedale ha permesso di curare meglio i malati. Non solo per i nuovi reparti, i servizi specialistici che via via sono stati avviati con l’ingresso di nuovi professionisti, ma soprattutto  perché c’era la consapevolezza, che era affidato a tutti noi operatori, il compito di garantire un’assistenza all’altezza di quanto la conoscenza  medica offriva e di quanto  la nuova struttura, con la sua organizzazione e i supporti tecnologici, ci permetteva di attuare ,nel rispetto dei malati e dei loro diritti.

C’era effervescenza, collaborazione, senso di responsabilità nell’impostare percorsi di diagnosi e cura, per cui ci si trovava a elaborare, progettare, decidere, anche fra  operatori di diversi reparti e anche al di fuori degli orari strettamente dedicati al lavoro in corsia o in ambulatorio.

Per questo la data va ricordata, perché offre la possibilità di una riflessione, a più livelli, sollecitata anche da quanto la lunga epidemia di Covid, ci ha fatto vivere, capire, soffrire.

La prima riflessione è sull’importanza del Servizio Sanitario Nazionale (S.S.N.) che ci ha permesso di far fronte, pur nell’impreparazione generale di fronte a un momento tanto drammatico, quanto inaspettato, a questa nuova epidemia. Riflessione che dovrà coinvolgere a lungo ed a fondo  i cittadini, gli operatori, gli amministratori  delle ULSS ed i reggenti della cosa pubblica.

La seconda riflessione è, in effetti, una proposta. Sull’entrata del vecchio ospedale, che si affaccia su via Badaloni, è murata una lapide che, a mio avviso, andrebbe riprodotta nel nuovo ospedale, non solo per significare una storia di cura che continua, ma perché il testo prezioso e profondo ci aiuterebbe ulteriormente a capire il significato del prendersi cura dei malati oggi, quasi a sostenere una ripresa corale dopo le fatiche, le malattie, le morti, il dolore che ha coinvolto e sconvolto il mondo dell’ospedale e tutta la comunità.

La lapide, murata all’ingresso del vecchio ospedale, sul portale antico di via Badaloni, scritta in un latino bellissimo da mons. Giacomo  Sichirollo (come da ricerca attuale di Adriano Mazzetti), è stata  riscoperta e  tradotta dalla prof.ssa Natalia Periotto Gennari, già insegnante del liceo classico  di Rovigo,  con un’analisi ermeneutica che avvince.

Il testo è il seguente:

CHIUNQUE TU SIA
CHE RICORRI INDEBOLITO NELLA SALUTE
A QUESTO EDIFICIO
ENTRACI IN PIENA FIDUCIA
QUI NEL SUO GREMBO LA MISERICORDIA DELLA CITTA’
ACCOGLIE E CURA I MALATI

In cinque righe si definisce il senso dell’ospedale: umano, etico, civile. E, come cita ancora   la prof.ssa Periotto Gennari nell’articolo di pubblicazione (Atti premio Raise.2020) “[…] sotto le parole dell’autore della lapide, c’era tutta la partecipazione fiduciosa di un’ intera città che sappiamo dai documenti, con quanti ostacoli e con quante critiche è riuscita in tempi non lunghi a creare un luogo di cura per i suoi cittadini…”Per noi i tempi erano stati lunghi.

La copia della lapide, col testo originale e quello italiano, potrebbe ora trovare  idonea sistemazione all’entrata dell’ospedale per dare un saluto fiducioso  ai malati, e contemporaneamente ricordare a tutti, amministratori, dipendenti ed  operatori sanitari, la preziosa funzione che sono chiamati a svolgere verso i cittadini che vi ricorrono.

Questa doppia opportunità può essere la base di una riflessione per una nuova ripartenza dopo anni di epidemia in cui ci si è ritrovati disorientati, affaticati, impari, come tutta la sanità e la  società.

E’ un richiamo alla responsabilità, il cui fondamento etico, secondo l’etimologia della parola, è dare delle risposte.

Per dare risposte occorre farsi domande, fare domande e accettare domande:

 Come   CITTADINI: sul senso e l’importanza del Servizio Sanitario Nazionale. In fondo “il grembo misericordioso della città che accoglie e cura  i malati..” come richiama la lapide citata, è ora rappresentato proprio dal Servizio Sanitario Nazionale. Come garantirne allora l’accessibilità a tutti, con pari diritti e dignità, la gratuità e la qualità delle cure, con obiettivi condivisi?

COME AMMINISTRATORI della cosa pubblica e delle ULSS:  attraverso la gestione delle risorse, e la cura del capitale  umano,   come garantire, insieme agli  Operatori direttamente coinvolti sul campo, processi ed obiettivi di cura per assicurarne la qualità e gli esiti?

Come OPERATORI: come farsi carico delle persone malate e dei diritti di ciascuno, personalizzando il percorso di cura?

 E’ un cammino da farsi insieme, per dare un’anima al senso della cura di chi è in difficoltà per malattia o fragilità.

Ecco che celebrare la Giornata del Malato può acquistare un significato condiviso che inizia un nuovo cammino, per tutti.>

 [Gabriella Monesi, medico, già direttore dei Diabetologia in Ospedale e Socia dell’associazione Archivio della Memoria]

Il contributo della Fondazione Banca del Monte di Rovigo, il valore delle parole per ricordare e per ripartire.

<Nei tempi più remoti era consuetudine utilizzare per le iscrizioni celebrative il latino, lingua dotta che conferiva solennità alle stesse e ai contenuti, ma che restava incomprensibile ai più.

Non tutti coloro che si recavano all’ospedale situato in città comprendevano il significato di quella lapide murata sulla facciata dell’”Ospitale Civico”.  

Ora, finalmente, è alla portata di tutti, grazie al lavoro di traduzione della professoressa Natalia Periotto Gennari.

La Fondazione Banca del Monte di Rovigo ha condiviso sin  da subito l’idea della dottoressa Gabriella  Monesi  di ricordare  il 40° anniversario del trasferimento della struttura ospedaliera rodigina dalla vecchia sede a quella nuova con la riproduzione di quella lapide che oggi troviamo posata nella hall dell’Ospedale di viale Tre Martiri. La Fondazione si  è  assunta  il carico finanziario della realizzazione e della  posa in opera  facendo proprie  le motivazioni esplicite  e sottese nelle parole della lapide di Mons. Giacomo Sichirollo, illustre  personaggio rodigino dell’800.

Rientra nelle finalità istituzionali della Fondazione promuovere valori sociali anche attraverso le sole parole, dense di significato  e che inducono alla riflessione.  Il  messaggio di quella iscrizione non solo è ora comprensibile ma è anche visibile rispetto alla sua collocazione originaria.

Le parole impresse nella lapide sono rivolte alle persone che entrano in ospedale e  promettono accoglienza, fiducia e cura. Sono parole di sostanza, rassicuranti per il paziente e impegnative per il sistema sanitario nazionale pubblico. Parole altresì da interpretare non dimenticando  il prezioso  lavoro  dei medici e del personale  sanitario  nei confronti dei quali non deve  mai mancare rispetto e considerazione.

Il trasferimento di 40 anni fa della sede ospedaliera è stata una ripartenza, termine  ultimamente  ricorrente con riferimento ai difficili anni  del Covid, da ricordare come  passaggio  verso un  evidente  miglioramento   del servizio sanitario.

La Fondazione, che rappresento, esprime soddisfazione  per la collaborazione con l’Azienda Ulss 5 Polesana e  l’Amministrazione Comunale  che ha  portato alla realizzazione di  questo evento.

Buona salute a tutti.>

[Giorgio Lazzarini, Presidente Fondazione Banca del Monte di Rovigo]