FRANCESCO XANTO AVELLI: LA QUESTIONE DELLA FIRMA
I pittori di maioliche in età rinascimentale raramente firmavano i piatti che decoravano, dunque Francesco Xanto Avelli è una sorta di eccezione proprio per il grande numero di pezzi che ha firmato, corredandoli inoltre della datazione.
Xanto è inoltre un caso degno di un’attenzione particolare proprio per l’evoluzione del suo modo di firmarsi, e in effetti molto è stato dibattuto e ipotizzato.
Osservando il retro delle sue opere si può constatare una certa evoluzione nel modo di firmarsi: in età giovanile è solito porre un monogramma “y/Ø”, riscontrabile nelle maioliche dipinte entro il 1530, che è un anno cruciale in quanto da questo momento indica le proprie iniziali, ma soprattutto il luogo in cui si trova, ovvero il vivace centro di Urbino. L’identificazione del maestro che si firma con la sigla “y/Ø” con Francesco Xanto Avelli è avvenuto proprio per ragioni stilistiche, grazie ad un attento studio e conseguente meticolosa osservazione del catalogo dell’artista rodigino. Il colore è sempre intenso e con forti contrasti, i personaggi ritratti esprimono grande potenza e vigore fisico, le figure hanno contorni ben definiti come pure sono modellate conferendo grande plasticità.
In età giovanile, dunque entro il 1530, Xanto però si firma anche in altro modo, con le iniziali “F.R.”: si tratta di una questione davvero spinosa che ha stimolato l’attenzione di molteplici studiosi, tra i quali però si distingue sicuramente Bernard Rackham il quale appunto riporta d’aver isolato un gruppo di maioliche riportanti sul retro la firma “F.R.” o “F.L.R.”, datati tra il 1522 ed il 1529, iniziali che andrebbero dunque sciolte con “Francesco Rovigiese”.
Dal 1530, in età matura, e quindi quando ormai ha raggiunto una certa fama come decoratore e dunque un conseguente affrancamento da quello che poteva essere il suo capo bottega, il quale sembrerebbe essere Maestro Giorgio da Gubbio, sono pervenuti fino a noi pezzi che recano la marca di Francesco Xanto Avelli in diverse varianti. Un ragionamento di questo tipo trova riscontro anche nei documenti che ci sono rimasti, in quanto proprio il 07 Agosto 1530 «Franciscum de Ruigho», insieme ad altri artisti, avanzano una protesta circa il salario percepito, dunque potrebbe essere un’azione in seguito alla fama che il maestro iniziava ad avere nel ducato di Francesco Maria della Rovere. Pertanto: il simbolo “y/Ø” poteva essere apposto da un semplice collaboratore o assistente all’interno delle dinamiche di bottega, ma le iniziali del nome stanno ad indicare un certo cambiamento nonché evoluzione.
Al gruppo di maioliche recanti la firma per esteso o l’acronimo del maestro appartiene il maggior numero di pezzi, che vanno inevitabilmente accostati ai piatti recanti la firma “F.R.”: ci si accorgerà di piccole, quasi impercettibili, differenze di stile, in quanto i colori si fanno meno cupi, gli accenti sono posti sui toni caldi, in particolar modo l’arancio, che vengono esaltati mediante contrasto con i toni freddi, che nello specifico sono il verde smeraldo ma soprattutto il turchino.
Come si diceva più sopra, il 1530 è una data di rilevante importanza: è proprio da quest’anno che Xanto accompagna nella propria firma anche la città di Urbino, indicando dunque la sua presenza nel ducato di Francesco Maria della Rovere. La prima traccia si riscontra proprio in una delle maioliche conservate a Milano in cui appunto si legge: «f.x.a.r. / i Urbino.» insieme all’anno «.1530».
Da questo momento in poi, dunque la piena maturità della parabola artistica di Xanto, il maestro ama accompagnare la propria firma certamente con l’indicazione del luogo in cui è stato accolto, ma soprattutto è di grande interesse che egli continuasse a ricordare il suo luogo di origine, di qui i vari “rovigiese”, “rov:” o “da Rovigo”, forse proprio per non abbandonare mai, nemmeno con il cuore, la patria che gli diede i natali.
[Chiara Gallian]